Omicidio del giornalista Mauro Rostagno: “E’ stata la mafia infastidita per gli scoop sulle connessioni con la massoneria”
La voce finale dei pm Gaetano Paci e Francesco Del Bene è giunta attorno alle 14,30. Sono dovuti trascorrere 26 anni dal delitto del sociologo e giornalista Mauro Rostagno, 14 anni da quando il fascicolo è giunto sul tavolo dei magistrati della Procura antimafia di Palermo, tre anni da quando il relativo dibattimento è cominciato dinanzi alla Corte di Assise di Trapani, 69 udienze, oltre un centinaio di testimoni, per arrivare oggi alla richiesta di ergastolo per i due imputati, due conclamati mafiosi, Vincenzo Virga, accusato di mandante, capo del mandamento di Trapani, Vito Mazzara, capo decina della famiglia di Valderice, ex campione della nazionale azzurra, sicario di fiducia del boss Virga, accusato di essere stato il killer. Tre udienze sono state dedicate alla requisitoria dei due magistrati, oggi l’ultima di queste dopo quelle dell’11 e 14 aprile.
Hanno ricostruito il dibattimento, hanno messo in fila le prove raccolte, hanno puntato il dito contro il tempo perduto per andare dietro alle altre piste alternative a quella mafiosa sulle quali hanno parecchio insistito le difese…”stupidaggini” hanno detto i due pm che sono entrati nel merito di queste piste mostrandone l’inconsistenza, sulla pista mafiosa hanno messo in fila tutti gli elementi, dagli indizi raccolti dagli investigatori, e poi le collaborazioni dei pentiti, l’esito delle perizie, balistiche e sul Dna, la voce dei testimoni e la voce dell’imputato Mazzara intercettato mentre infastidito con i familiari commentava della riapertura di quelle indagini sul delitto rispetto alle quali lui stesso si è detto convinto, sempre parlando con i familiari, della archiviazione. I pm hanno dato atto del grande lavoro svolto in questi tre anni di processo dalla Corte di Assise presieduta dal giudice Angelo Pellino (a latere il giudice Samuele Corso), lavoro che si è concentrato anche sulle altre piste, importante perché se la Corte non avesse scelto di approfondire sarebbero rimasti degli interrogativi e invece l’esito del dibattimento se ne è sancita la inconsistenza. Paci e Del Bene hanno tolto di mezzo anche altri dubbi che si erano raccolti attorno a quelle dichiarazioni fatte anche da magistrati, come Antonio Ingroia (originario titolare del fascicolo) già all’avvio del dibattimento a proposito del fatto che ad uccidere Rostagno era stata la mafia e non solo la mafia. “E’ vero – ha detto Francesco Del Bene – è stata la mafia ma non solo la mafia, le colpe sono da attribuire anche a quel contesto della massoneria deviata che non aveva gradito il lavoro d’inchiesta che Rostagno stava svolgendo”. E’ questo uno scenario che a Trapani non è sparito, è attuale, il sistema di potere è ancora in piedi, le connessioni mafia e massoneria esistono, camere di compensazione frequentate anche da politica e impresa. “E’ lo stesso scenario che ieri mentre si uccideva Rostagno proteggeva la latitanza del capo dei capi Totò Riina che stava nascosto a Mazara del Vallo, e oggi protegge la latitanza del super boss Matteo Messina Denaro” ha sottolineato ancora Francesco Del Bene. Le corna, la pista interna, la pista di Lotta Continua, le rivelazioni sui traffici di armi, nella requisitoria dei pm sono state “spazzate via”. “Guardate a ciò che era (ed è) la massoneria con le sue connessioni con la mafia, rileggete ciò che ci hanno detto investigatori come Rino Germanà, le confessioni dei pentiti, rileggete le testimonianze evidentemente bugiade o omissive a secondo da quale punto si guardano di altri investigatori e vi rendereto conto che Rostagno è stato ucciso perché ogni giorno alzava il tiro contro la mafia tanto da diventare una camurria che doveva essere tolta di torno”. “Abbiamo raggiunto la prova contro chi ha ucciso e il movente.
Grazie a questo processo si è ricostruita una perfetta linea di continuità tra esecuzione, dinamica e protagonisti, primo di tutti Vito Mazzara con le ragioni dell’omicidio e sul perchè un delitto di quel genere doveva essere commesso” è stata la conclusione fatta dal pm Gaetano Paci. “Rostagno a Trapani aveva svelato il nuovo volto della mafia…il passaggio dalla mafia provinciale a quella moderna dove in primo piano c’erano le nuove alleanze, con la massoneria, e i nuovi boss, altro che la famiglia dei Minore (ex capi mafia di Trapani) Rostagno aveva puntato l’attenzione sull’avanzata di Mariano Agate e con lui dei nuovi affari a proposito di impresa e appalti…Rostagno rappresentava una nuova rivoluzione culturale…attaccava la borghesia mafiosa…il braccio armato del delitto è stato di Cosa nostra…precisa la responsabilità penale di Virga e Mazzara” ha detto poco prima l’altro pm Francesco Del Bene. “Come Peppino Impastato rappresentava una offesa per la sua sola esistenza, perché non mancava di additare a Cinisi il potere di Tano Badalamenti e che fu eliminato prima dalla mano violenta e poi anche dalla calunnia dopo la morte, così anche Rostagno per i suoi commenti coloriti su figure mafiose come quella di Mariano Agate costituiva un affronto nei confronti del potere mafioso e anche lui ha conosciuto la violenza e la calunnia mafiosa”. La storia di Mauro Rostagno è la storia dei tanti giornalisti uccisi in Sicilia.
Tutti giornalisti scomodi e isolati dentro una categoria non sempre solidale con i giornalisti scomodi, oggetto di ostilità che spianano le strade agli assassini”. Si diceva mafia e non solo la mafia: “Il non solo mafia non è certo la pista interna, i racconti di Di Cori o quelli di Elmo, non è la Saman o l’intelligence italiana, Gladio ed altro, ma quel coacervo di interessi che si sviluppava in quegli anni nel centro studi Scontrino, dove c’era la cabina di regia della massoneria deviata capace di arrivare ad influenzare e inquinare uffici inquirenti e investigativi assieme a quelli politici, istituzionali, economici, bancari, imprenditoriali”. Il 23 e 24 aprile parleranno le parti civili, poi sarà la volta delle difese, tra il 9 e il 10 maggio la sentenza. Oggi come accade dalle ultime due udienze assente l’imputato Vito Mazzara. In video conferenza da Milano, carcere di Opera, presente l’altro imputato, Vincenzo Virga che lo scorso 14 aprile ha preso la parola per protestare contro i “capricci” della polizia penitenziaria che l’ha fatto arrivare nella saletta del carcere collegata in video conferenza solo dopo avere proceduto ad una minuziosa perquisizione: “Mi hanno denudato e quindi ho perso tempo per arrivare…penso che si tratti di un capriccio”. Nelle storie di mafia Virga non è l’unico ad essere stato denudato…viene da pensare alle vittime della mafia finite nude sul tavolo dell’obitorio…per i violenti e sanguinari “capricci” di Cosa nostra.