Fame di carezze

Abbiamo fame di tenerezza,
in un mondo dove tutto abbonda
siamo poveri di questo sentimento
che è come una carezza
per il nostro cuore
abbiamo bisogno di questi piccoli gesti
che ci fanno stare bene,
la tenerezza
è un amore disinteressato e generoso,
che non chiede nient’altro
che essere compreso e apprezzato.
(Alda Merini)

 

8465-bisogni-e-riconoscimenti-le-carezze-in-analisi-transazionaleIl bisogno di sentirsi umani passa attraverso il riconoscimento che l’altro ci garantisce e tramite il contatto fisico, necessario e fondamentale aspetto che ci permette di sentirci amati e coccolati.

Già a metà del 900 lo psicoanalista Renè Spitz esplicitava il collegamento tra assenza di stimolazioni tattili e lo sviluppo di psicopatologie spiegando attraverso tale intuizione le difficoltà dei bambini nati e cresciuti in strutture come gli orfanotrofi di una volta. Forme di psicosi con allucinazioni e depressioni erano la prospettiva futura per molti dei poveri neonati deprivati  soprattutto delle cure affettuose di una figura nutriente e attenta.

Le carezze (strokes), secondo Eric Berne, sono l’unità fondamentale di riconoscimento dell’altro e sono metafora di qualcosa che va molto oltre il solo contatto per giungere ad un riconoscimento a tutto tondo attraverso messaggi verbali e non verbali, come possono essere i complimenti sinceri o gli sguardi attenti (nei casi positivi).

Le carezze, così intese, si dividono infatti in: positive/negative, verbali/non verbali, condizionate e incondizionate, proprio per spiegare la grande varietà di riconoscimenti possibili sia in termini positivi che negativi. Così grande è la fame di stimoli che talvolta i bambini in assenza assenza di “accarezzamenti” piacevoli ricercano e accettano quelli spiacevoli pur di sentirsi esistenti.

Alle carezze e alla loro qualità ci si abitua presto al punto che le cure dell’infanzia diventano spesso predittive di ciò di cui si andrà alla ricerca nell’età adulta. Chi ha ricevuto molte stimolazioni negative sarà particolarmente sensibile a captare i messaggi che confermano il suo essere indegno di attenzione positiva, di contro chi ne ha ricevute soprattutto di positive terrà l’antenna pronta a ricevere i segnali che conosce dando un peso minore a quei messaggi negativi che metterebbero in dubbio il suo valore. Non tutto è perduto però; non aver ricevuto sufficienti carezze e conferme positive non ci obbliga ad una vita di patimenti e stimoli cattivi.

 L’Economia delle Carezze, definita così da Steiner, sintetizza come si può uscire dal circolo vizioso ed entrare in quello virtuoso sfatando il tabù che bisogna accettare quello che arriva dagli altri senza essere protagonisti attivi di ciò che si vuole per sè. Steiner individua 5 “regole” culturali che limitano notevolmente la libertà di dare e prendere carezze:

1) non dare carezze quando ne hai da dare

2) non chiedere carezze quando ne hai bisogno

3) non accettare carezze se le vuoi

4) non rifiutare carezze quando non le vuoi

5) non dare carezze a te stesso

capovolte queste norme si può dare spazio alla spontaneità, alla consapevolezza e all’intimità.

Date e prendete le carezze che volete stando ben attenti soprattutto al falso mito che le carezze richieste non sono autentiche perchè non sono spontanee da parte dell’altro. Sono un bisogno primario che possiamo conoscere solo noi talvolta e ammesso che l’altro non sia per nulla disposto a darcele o sincero nel farlo si può sempre decidere di non prenderle per sè.

Esiste dentro di noi una banca delle carezze che ci permette di ricordare la piacevolezza di eventi molto lontani per riviverne il calore e il conforto, ma è un conto che di tanto in tanto va aggiornato con “depositi” nuovi per continuare a nutrirsi delle buone carezze.

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Simona De Simone, psicologa e psicoterapeuta. Divoratrice instancabile di libri e del buon cibo. Appassionata di scrittura e mamma di Alqamah sin dal principio.